Abilità

Alzi la mano chi conosceva Ezio Bosso prima di Sanremo.

Io ho scoperto solo dopo che ha composto la colonna sonora di Io non ho paura e che in gioventù suonava il basso negli Statuto, che se siete figli degli anni 80 e avete bazzicato nella scena punk-ska-oi allora sicuramente li avrete sentiti nominare.

Ezio Bosso è un grandissimo compositore e musicista italiano che pochi di noi conoscevano prima di Sanremo, perché questo è il grande paese che dà popolarità agli Schettino e ai Fabrizio Corona e poi ci chiediamo come mai la gente non sappia coniugare i verbi e legga Fabio Volo.

Ezio Bosso oltre a essere un grandissimo compositore e musicista è anche un grandissimo uomo e un malato di sla.

Io non lo so se Ezio Bosso sia un grandissimo uomo perché malato di sla o se sia un grandissimo uomo nonostante la sla.

Nella mia vita ho conosciuto persone disabili o affette da malattie degenerative. Alcune di queste persone sono comunque delle teste di cazzo, altre invece sono delle persone meravigliose con forza, sensibilità e coraggio che non posso far altro che ammirare ma che non riesco a considerare come doti straordinarie.

Io non credo che la disabilità o la malattia siano da considerare un handicap, nell’accezione peggiore del termine che lo identifica come una mancanza, una colpa, un’inadeguatezza. Io credo che invece spesso siano qualcosa in più dal quale tutti possiamo trarne del bene e del bello, e spero che questa affermazione non tolga il reverente rispetto che ho nei confronti della mia privilegiata condizione di normalità.

Sogno un mondo dove non ci si stupisca se il cervello e il cuore di un uomo malato di sla siano capaci di esprimere qualcosa di meraviglioso, sogno un mondo dove non si rida del ragazzino down ma si impari dai suoi sorrisi, sogno un mondo dove puoi tranquillamente dire che uno cieco è stronzo senza pensare che sia stronzo perché cieco, sogno un mondo dove chi è in sedia a rotelle smetta di sentirsi un ostacolo per la società quando l’unico ostacolo è la società.

Chilocalorie

Ho aperto le note del cellulare e ho iniziato a buttare giù tutto quello che avevo dentro, tutte quelle stronzate travestite da traumi e non mi azzarderò a dire che ho capito ma forse ho iniziato a capire. 

Ho sempre avuto la tendenza a drammatizzare le cose piccole e sdrammatizzare le cose grandi. 

Non ho mai realizzato che il lato migliore di me è quello divertente, e ho sempre dato troppo spazio al mio lato malinconico. Ci vuole del talento nel non risultare patetici nella propria malinconia e io quel talento non ce l’ho. Invece sono estremamente brava nello sdrammatizzare, nell’affrontare le assurdità che la vita ci propone costantemente. 

Sono sempre stata brutalmente sincera con gli altri e abilmente bugiarda con me stessa, ma sarebbe più conveniente agire al contrario.

Ho riletto la nota sul cellulare con questa nuova prospettiva.

Ho DI NUOVO perso la testa per uno con LE STESSE caratteristiche di quei tre prima. Non ho perso la testa dopo un particolare episodio come mi sono raccontata anche due delle tre volte fa, ma da subito. È stato come quando a mezzogiorno cammini per la strada e senti il profumo uscire dalla pizzeria e senti che hai fame. Non è vero che aspetto un suo primo passo – che anche se lo facesse lo ignorerei o non lo capirei come già successo, ma come al solito ho il terrore di non risultare quello che sembro. Non farò qualcosa io, e non perché sia tardi come mi ostino a ripetere ma perché le cose devi farle quando le senti, altrimenti è una forzatura e questo il passato me l’ha insegnato bene. Non ci credo proprio a quella storia dell’appagamento dell’ego e ho i miei validi motivi per non farlo. È ANCORA quello sbagliato? No. Nessuno degli altri era sbagliato, sono io a essere sempre assurdamente sbagliata. E quindi me la farò passare, e all’inizio sarà come quando mangi insalata e tonno naturale da una settimana e da quella maledettissima pizzeria continua a uscire quel dannatissimo profumo, ma una volta perso il primo chilo neanche ci pensi più alla bufala e pachino. 

Il vero dramma è la dieta, non uno stupido flirt.

Iso 100

L’esperienza fa schifo. Me lo sono ricordata oggi, ripensando a quella primavera di parecchi anni fa, quando per una manciata di ore non sono riuscita a togliermi quel sorriso stampato, quando per una manciata di ore ho creduto che tutto sarebbe stato possibile, quando ho sentito di essere felice.

Poi c’è stato l’inverno recente, dove avrei voluto sorridere, credere che tutto sarà possibile, essere felice.

Oggi c’era quel bel sole accecante che precede il tramonto, quello con i raggi lunghissimi che rende la visuale fastidiosa e affascinante quanto una foto sovraesposta. 

Bisogna fingere ogni volta di non sapere cosa sia il tramonto per essere felici.

Jamais-vu

Questo non è un cazzo di déja-vu.

Questo non è il passato.

Questa non è la stessa persona.

È oggi, sono io.

È oggi, sono altre persone, altre situazioni.

Non voglio fare resoconti, non mi interessa guardarmi indietro e dirmi che sono stata brava, voglio guardare avanti e dirmi che sto procedendo bene.

È un cazzo di dèja-vu ma per fortuna è cambiato tutto.

‘Cause I wanna be someone who believes

Non avrei mai voluto ritrovarmi a crogiolarmi nella mia tristezza, ma è successo.
Non voglio più ritrovarmi a crogiolarmi nella mia tristezza, e voglio impegnarmi a fare in modo che non risucceda.

Raccolgo la legna, prendo un fiammifero e accendo questo falò.

Ci butto le ex amiche che tanto amiche non eravamo, smetto di essere invidiosa dei loro successi e inizio a meritarmi le cose belle anche io.

Ci butto quelle 3-4 persone che davvero mi hanno trattata male e non vado avanti perché non meritano neanche un secondo in più di attenzione.

Ci butto lui che inconsapevolmente mi ha buttata in un baratro di depressione, odio verso me stessa, insicurezze, ansia, panico.

Ci butto la me degli ultimi 5 anni. La me che ha avuto così tanta paura di vivere che non ha più vissuto. La me che ha avuto così tanta paura di rimanere sola che si è isolata. La me che tutto era fonte di ansia. La me che ha avuto così tanta paura di non riuscire a smettere di piangere che non ha più pianto.

Pass me a bottle, Mr. Jones. Al presente, e al futuro.

Broken.

Di solito le persone come me sono diventate così perché hanno subito qualche trauma.

I miei genitori sono sempre stati insieme  e hanno sempre avuto un lavoro. Ho sempre vissuto in appartamenti di proprietà. Nonni, zii e cugini sono sempre stati presenti. Ho sempre potuto frequentare attività extra-scolastiche, non ho mai saltato una gita, ho avuto il permesso di uscire il weekend e la sera come tutti i miei coetanei. Avevo buoni voti, ero invitata a tutte le feste di compleanno, venivo mandata ai campi estivi e a soggiorni-studio all’estero. Sono sempre stata la classica brava bambina.

A me non si è rotto qualcosa, io sono nata rotta.

Gli altri siamo noi

Guardo questi jeans che fino a un anno fa mi si sarebbero incastrati a metà coscia.
Guardo le mie cosce e penso che sia incredibile il fatto che entrino in questi jeans.

Mi guardo allo specchio e ci vedo una persona che ancora non ho capito se è quella che vedono anche gli altri, cammino per strada e vedo tutti migliori di me.

Ieri avrei voluto piangere mentre il freddo pungeva nelle mani come piccoli aghi conficcati nella pelle, e invece sorridevo perché almeno riuscivo a sentire qualcosa.

Sono così stanca di questa insicurezza, sono così stanca di questa continua sensazione di fallimento, sono così stanca di avere paura.
Sono così stanca che adesso mi infilo questi cazzo di jeans che ancora mi sembra incredibile riescano a contenermi e provo a sentirmi come tutti gli altri.

#iosono

Per l’attentanto in Nigeria ammetto di non aver pianto, non ho mai fatto la spesa in un mercato africano.

Per il venerdì 13 di Parigi ho pianto 3 giorni di fila. Parigi è la mia seconda città del cuore. Parigina è una delle mie amiche più care. A Parigi hanno vissuto e vivono molte persone che conosco. Parigi mi ha regalato il concerto più bello della mia vita. A Parigi ho bevuto caffè seduta ai tavolini di un bar, a Parigi ho fumato fuori dai locali la sera, a Parigi ho bevuto une verre in compagnia, a Parigi ho camminato per i boulevard sperando di avere la classe di una francese.                           A Parigi e nella mia città, e in molte altre in Italia e all’estero, ho passato venerdì sera seduta fuori da un bar a bere vino, ridere e chiacchierare. Ho passato venerdì sera in ristoranti etnici ad assaggiare piatti insoliti. Ho passato venerdì sera ai concerti di band rock più o meno conosciute.

Non esistono morti di serie A, ma scusate se io Parigi mi ci sento un po’ di più.

La vita su un piatto*

Se fossi una bambina oggi sarebbe stata una di quelle giornate da saltare sulle foglie ingiallite fino a sudare e ad avere il fiatone. Oggi sarebbe stata una di quelle giornate da correre per i prati e rotolarsi nell’erba e tornare a casa sporchi e felici.

Ma siccome sono un po’ più grandicella di una bambina, ho solo camminato tra le foglie con le cuffie nelle orecchie.

Ho rivissuto la mia infanzia, quando le giornate sembravano piacevolmente eterne, e la mia adolescenza, quando ci credevamo infiniti seduti sul prato davanti alle rampe di skate, quando i baci sapevano di sudore, di birra, di terra, quando uno squillo significava un mucchio di cose, quando ci si emozionava per un concertino ska-punk, quando ti sentivi bella con i pantaloni larghissimi, quando ancora credevo che diventare grandi non sarebbe stato così difficile.

C’era un tramonto bellissimo oggi ma non l’ho fotografato, ho voluto viverlo come quella infanzia e quell’adolescenza che se avessi immortalato forse non ricorderei così intensamente.

Pulizie d’autunno

Non buttavo mai via niente perché non si sa mai, perché non voglio dimenticarmene, perché poi se ne va una parte di me. 

Oggi ho buttato via un bel po’ di cose perché quella parte di me è già andata. Oggi se decidessi di fare quel tatuaggio sarebbe monco.