Il giorno, il mese, non me li ricordo di preciso, ma ricordo il momento.
Era una di quelle giornate di inizio primavera, di caldo illusorio, era primo pomeriggio.
Mi aveva fatto tornare la voglia di essere me, di esserlo davvero, di non trattenermi più.
Come quando avevo quindici anni e mettevo la matita rossa nell’interno dell’occhio, senza aspirare a essere l’alternativa conformista, desiderando solo essere me.
Non ricordo invece il momento in cui ha ricominciato a battermi il cuore.
Ricordo che non credevo potessi piacere a qualcuno per quella che ero.
Ricordo che non credevo sarei più stata in grado di essere spensierata e frivola e femmina.
Probabilmente non c’è nemmeno stato un momento preciso, probabilmente è stato un susseguirsi di episodi che hanno riempito l’anima e la coscienza, come quando ascolti una canzone per la prima volta e non ne conosci nemmeno una parola, e poi la ascolti un’altra volta, e altre 2 e altre 10 volte e finisce che la sai a memoria, e non ti sei nemmeno dovuto impegnare, ma nemmeno ti ci volevi impegnare ora che ci pensi bene, ora che hai solo quella maledetta canzone che ti gira per la testa.
Ricordo che non credevo mi sarei più divertita così.
È stato divertente davvero.
I sorrisi rubati, quelli che non puoi proprio trattenere, le giornate così così che improvvisamente prendono quella svolta di positività, e quanto fastidio puoi darti quando l’umore ti cambia all’improvviso e diventi quella persona allegra che di solito non sei.
Sono stata brillante davvero.
Mi hai resa brillante davvero.
A tua insaputa hai fatto in modo che mi prendessi cura di me stessa come mai avevo fatto prima, mi hai resa quella che ero a quindici anni proiettata nell’età adulta.
Quella che le basi le avevo messe, e poi sono arrivate le persone, le esperienze, e quelle basi sono crollate.
Mi hai ricordato che avevo un bisogno disperato di quelle basi, e me le sono ricostruite.
Ho smesso di avere paura e ho iniziato ad avere paura della paura.
Ho agito senza riporre alcuna speranza, perché non era importante il risultato ma l’azione.
Ho trovato il coraggio di cose che mi terrorizzavano dicendomi che quella era la persona che ti sarebbe piaciuta, ma non era vero, il coraggio l’ho trovato perché quella era la persona che sarebbe piaciuta a me.
Ti ho usato per capire cosa fossi e cosa volessi. Non ti ho mai voluto davvero, ho voluto però stare bene, l’ho desiderato intensamente – coincidenza, mi hai fatto stare bene, quindi forse un po’ ti ho voluto. Soprattutto quando ti ho sentito così simile a me, quando ti ho guardato senza dirti nulla, quando ho fatto la spavalda ma in realtà non sapevo cosa avrei dovuto fare, io ci ho creduto che per te fosse lo stesso, però alla fine non so un cazzo se non quello che ho sentito io.
Io alla fine non lo so cosa fosse vero e cosa no, ma chi se ne frega, forse è la vita che ti ha mandato per farmi capire cosa fossi e cosa volessi. Forse è la vita che ti ha mandato per farmi capire che l’unica approvazione che conta è la mia.
Non me lo ricordo nemmeno più come fosse amare l’inverno, non patire il freddo, indossare jeans lunghi a luglio, abbinare le Vans a qualsiasi cosa, frequentare solo chi appartenesse alla mia comfort-zone, odiare la vasca da bagno.
Quando ho ricominciato a essere me non me lo ricordo, ma so che ho iniziato ad amare l’estate, a girare a gambe nude, a indossare i tacchi sentendomi a mio agio, a uscire con persone nuove senza accampare scuse per evitarlo.
Me lo ricordo quando ho fatto un bagno caldo dopo dieci anni.
È stato stasera.