Trentuno.

Il giorno, il mese, non me li ricordo di preciso, ma ricordo il momento.
Era una di quelle giornate di inizio primavera, di caldo illusorio, era primo pomeriggio.

Mi aveva fatto tornare la voglia di essere me, di esserlo davvero, di non trattenermi più.
Come quando avevo quindici anni e mettevo la matita rossa nell’interno dell’occhio, senza aspirare a essere l’alternativa conformista, desiderando solo essere me.

Non ricordo invece il momento in cui ha ricominciato a battermi il cuore.
Ricordo che non credevo potessi piacere a qualcuno per quella che ero.
Ricordo che non credevo sarei più stata in grado di essere spensierata e frivola e femmina.

Probabilmente non c’è nemmeno stato un momento preciso, probabilmente è stato un susseguirsi di episodi che hanno riempito l’anima e la coscienza, come quando ascolti una canzone per la prima volta e non ne conosci nemmeno una parola, e poi la ascolti un’altra volta, e altre 2 e altre 10 volte e finisce che la sai a memoria, e non ti sei nemmeno dovuto impegnare, ma nemmeno ti ci volevi impegnare ora che ci pensi bene, ora che hai solo quella maledetta canzone che ti gira per la testa.

Ricordo che non credevo mi sarei più divertita così.
È stato divertente davvero.
I sorrisi rubati, quelli che non puoi proprio trattenere, le giornate così così che improvvisamente prendono quella svolta di positività, e quanto fastidio puoi darti quando l’umore ti cambia all’improvviso e diventi quella persona allegra che di solito non sei.
Sono stata brillante davvero.
Mi hai resa brillante davvero.

A tua insaputa hai fatto in modo che mi prendessi cura di me stessa come mai avevo fatto prima, mi hai resa quella che ero a quindici anni proiettata nell’età adulta.
Quella che le basi le avevo messe, e poi sono arrivate le persone, le esperienze, e quelle basi sono crollate.
Mi hai ricordato che avevo un bisogno disperato di quelle basi, e me le sono ricostruite.

Ho smesso di avere paura e ho iniziato ad avere paura della paura.
Ho agito senza riporre alcuna speranza, perché non era importante il risultato ma l’azione.
Ho trovato il coraggio di cose che mi terrorizzavano dicendomi che quella era la persona che ti sarebbe piaciuta, ma non era vero, il coraggio l’ho trovato perché quella era la persona che sarebbe piaciuta a me.

Ti ho usato per capire cosa fossi e cosa volessi. Non ti ho mai voluto davvero, ho voluto però stare bene, l’ho desiderato intensamente – coincidenza, mi hai fatto stare bene, quindi forse un po’ ti ho voluto. Soprattutto quando ti ho sentito così simile a me, quando ti ho guardato senza dirti nulla, quando ho fatto la spavalda ma in realtà non sapevo cosa avrei dovuto fare, io ci ho creduto che per te fosse lo stesso, però alla fine non so un cazzo se non quello che ho sentito io.

Io alla fine non lo so cosa fosse vero e cosa no, ma chi se ne frega, forse è la vita che ti ha mandato per farmi capire cosa fossi e cosa volessi. Forse è la vita che ti ha mandato per farmi capire che l’unica approvazione che conta è la mia.

Non me lo ricordo nemmeno più come fosse amare l’inverno, non patire il freddo, indossare jeans lunghi a luglio, abbinare le Vans a qualsiasi cosa, frequentare solo chi appartenesse alla mia comfort-zone, odiare la vasca da bagno.

Quando ho ricominciato a essere me non me lo ricordo, ma so che ho iniziato ad amare l’estate, a girare a gambe nude, a indossare i tacchi sentendomi a mio agio, a uscire con persone nuove senza accampare scuse per evitarlo.

Me lo ricordo quando ho fatto un bagno caldo dopo dieci anni.
È stato stasera.

Post-Summer

Il sole che scotta sulle spalle.
La luce accecante.
Le t-shirt pulite sulla pelle.
I capelli umidi al vento.
Il profumo di bucato.
I caffè caldi.
Le cene di pesce.
Le birre ghiacciate.
La pizza dal cartone.
La gioia quando la senti in gola.
Gli aperitivi fino alle 2 di notte.
I Mojito a stomaco vuoto.
I Moscow Mule dopo il vino.
Le gambe nude.
Le bottiglie di bianco.
L’acqua fresca con 35 gradi.
Le dormite in pullman.
Le dormite in aereo.
Gli abbracci.
Le sangrie.
I nuovi amici.
Quella mano.
Gli orizzonti.
I tramonti.
I concerti.
Guidare la notte.
Guidare cantando i Pixies.
Guidare cantando Save Tonight.

Quando dico che è stata un’estate di merda è solo forza dell’abitudine.
Ti saluto guardandoti negli occhi pronta per ricominciare, estate 2016.

 

 

Il primo bacio può fare schifo

Non ho mai avuto l’idea romantica del bacio.
Il primo bacio mi auguravo semplicemente di darlo a qualcuno che mi attraesse fisicamente, ed è quello che è successo.
Non è stato dolce né schifoso, solo molto esaltante perché lui per me era proprio un figo.

Il primo bacio è un cazzo di mito.

Perché poi alla fine è un continuo primo bacio.

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Ci siamo baciati quando credevo che non ci saremmo mai baciati.
Quando ci credevo (a volte persino sperandoci) ero convinta che sarebbe stato molto ubriaco, ero sicura che ci saremmo saltati addosso, che avremmo concentrato lì tutto il tempo passato senza baciarci.
Alla fine è stato solo molto ubriaco.

Ho baciato altri che non mi piacciono e tutto quel tempo passato senza baciarci si è concentrato lì.

Il primo bacio può davvero fare schifo.

 

 

 

 

Masterchef

  1. Prendi una delusione, un’illusione, uno smacco.
  2. Fatti un piantino (o provaci, anche se non ti viene, anche se non ti riesce).
  3. Pensa (pensalo e basta) a quello che vorresti fare a caldo.
  4. Elabora.
  5. Vuoi farlo ancora quello avresti voluto fare a caldo, ora che ci hai soffiato sopra? Appunto.
  6. Vestiti figa, truccati figa, metti un sacco di profumo buono.
  7. Vai a fare aperitivo e lascia che gli altri ordinino per te.
  8. Fai girare la seguente playlist per 2 giorni di fila:
    Garbage – Stupid Girl
    Kelly Clarkson – Since U Been Gone
    Kelly Clarkson – Stronger (What doesn’t kill you)
    Missy Elliott – Get Your Freak On
    Ariana Grande – Break Free
    No Doubt – Just A Girl
    TLC – No Scrubs
    M.I.A. – Bad Girls
    Shania Twain – That Don’t Impress Me Much
    Pink – So What
    Demi Lovato – Really Don’t Care
    Kelis – Milkshake
    Destiny’s Child – Bootylicious
    Lily Allen – Hard Out Here
    La Roux – Bulletproof
    Florence+The Machine – What Kind of Man
    CeeLo Green – Fuck You
  9. Prenditi una sbronza, scegli bene la compagnia, e che sia una sbronza allegra.
  10. Sorridi.

365. (Ma che ne sanno.)

È un anno che sono “magra”.

Un anno di jeans taglia 36, di magliette taglia S e XS e di reggiseni 3 coppa B.

Un anno di vestiti che non avrei mai pensato di poter indossare.

Un anno di cose che mai avrei pensato di poter fare.

Un anno di settimane consecutive a 1200 kcal giornaliere.

Un anno di sveglia presto e addominali, pesi, glutei.

Un anno di km macinati a chiappe contratte.

Un anno di bilancia che segna una doppia cifra dove il 5 sta davanti.

Un anno di “cosa/come hai fatto?” “ma come stai bene!”

Un anno di complimenti.

È un anno che sono ancora grassa.

Un anno che mi guardo allo specchio e vedo la solita figura.

Un anno che oltre a tutto quello che vedevo prima vedo troppa pelle bianca, troppe smagliature, troppi pori, troppi peli.

Un anno che guardo i jeans nell’armadio senza capire come possa entrarci davvero.

Un anno che indosso abiti perché dicono che me li posso permettere ma ogni riflesso è un attacco d’ansia.

Un anno di selfie nel disperato tentativo di vedermi come forse sono.

Un anno che la bilancia l’ago della bilancia vorrei scendesse al 4.

Un anno di sensi di colpa a ogni morso di pane.

Un anno di “adesso mi fanno i complimenti perché chissà com’ero prima”

Un anno di “ok, ci sta provando, ma se mi vedesse in costume non ci proverebbe più”

Ma che ne sanno le belle, che ne sanno.

 

Duemila.

Cara me del 2000,

scusami.
Scusami perché non sto scrivendo questa lettera dal mio appartamento di Notting Hill osservata da tre gatti e un cane.
Però te lo giuro che almeno il computer è un Macbook. Un po’ vecchiarello ormai, ma perfettamente funzionante.
E in Inghilterra un paio di volte ci ho vissuto, non te lo so dire perché non ci sia rimasta però.
E comunque sto sorseggiando English Breakfast con il latte anche se il latte vaccino non lo bevo più perché certe cose sono dure a morire.

Scusami perché non ho studiato arte e ho anche smesso di disegnare ma ogni tanto ci provo a fotografare qualcosa di decente.

Scusami perché non sono diventata né giornalista né scrittrice né lavoro nel mondo della musica e nemmeno in quello della moda, però lavoro per un’azienda internazionale in un settore decisamente figo.

Stai tranquilla perché tra poco lo bacerai, però scusami se alla fine non riuscirai a combinarci molto di più perché sei scema.
Comunque non bacia mica sto granché, eh.

Scusami perché ho i capelli lunghi e biondi, ma guarda che prima li ho avuti anche corti, e neri e rossi e castani e arancioni e fuxia e rosa e blu e viola e verdi. E poi adesso sembrano quasi quelli di Rachel Green che se potessi vedermi me li invidieresti.

Scusami perché mi pettino e mi vesto come una femmina e seguo le mode e mi trucco per bene e metto i jeans stretti ma davvero ascolto ancora un sacco di punk e piango ancora ascoltando Life on a plate e penso ancora che Kurt Cobain sia il più figo di tutti anche se non leggo più Jack Frusciante è uscito dal gruppo da circa 10 anni.

Scusami perché non ho comprato la Mini Cooper ma se sapessi quanto cazzo costa quella macchina capiresti.

Scusami perché ancora non c’è un bassista figo al mio fianco ma continui ad attrarre solo quelli che non ti piacciono e in ogni caso continui ad allontanare quelli che ti piacciono ma ci sto lavorando.

Scusami se con le 3 migliori amiche non ci sono più amica, ma la socializzazione era un talento che avevo da piccola.

Scusami se non sono sempre stata felice, scusami se a volte alzarmi dal letto è stato così difficile, scusami se a volte anche solo prendere un autobus sembrava impossibile. Scusami se per un po’ è stato come se non avessi tutto quello che invece ho.

Comunque ringraziami perché poi la Playstation la compri, e tra 15 anni ti porto a vedere Fred Durst.

60.

Il primo aprile guardavo le mani attorno al volante e mi ripetevo che era tutto okay, che era una cosa piccola, normale, necessaria.
Il primo aprile guardavo le mani attorno al volante e facevo promettere a me stessa che quella sarebbe stata solo la prima di altre volte.

La promessa l’ho mantenuta.

E poi le cose sono diventate grandi, particolari ma comunque necessarie.

90 giorni.

E poi 120.

Look, I’m just tired of being scared all the time. Not knowing why.

al kimiaa

Che se perdi le facoltà cerebrali è una cosa ma se ti si ribalta lo stomaco è un’altra.
Che se non vi guardate oltre lo stretto necessario è una cosa, se vi guardate spesso e spesso sorridete e ridete è un’altra.
Che se ti passa accanto e non percepisci nemmeno il movimento d’aria è una cosa, se ti sfiora tra il casuale e l’innegabile è un’altra.
Che se conversate piacevolmente è una cosa, se vi parlate e vi ascoltate è un’altra.
Che se scherzate è una cosa, se vi divertite è un’altra.
Che se è figo è una cosa, se è boh insomma è un’altra.
Che se è intelligente è una cosa, se è un coglione è un’altra.
Che se ti fa i complimenti è una cosa, se ti fa sentire Scarlett Johansson è un’altra.
Che se ci stai bene è una cosa, se ti fa sentire la più sfigata e la più figa contemporaneamente è un’altra.
Che se hai voglia di baciarlo è una cosa, se vorresti che ti afferrasse il braccio e ti sbattesse al muro è un’altra.
Che se ti piace è una cosa, se non capisci un cazzo è un’altra.
Che se ti è piaciuto da subito è una cosa, se hai pensato fosse un idiota per almeno la prima settimana di conoscenza è un’altra.
Che se credi sia la persona giusta per te è una cosa, se ti fa essere la persona giusta per te è un’altra.

Niap

Ogni dolore per quanto piccolo e superficiale va sempre rispettato. O capita come ora, che rivedo quella faccia dietro i vetri, quando ormai sono rassegnata e sollevata, non ci vedremo, non questa sera. Mi è rimasto in bocca come una noce rancida.